REPVBBLICA  ITALIANA

IN  NOME  DEL  POPOLO  ITALIANO

il Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sede di Roma, sez. 3°-ter, composto dai signori

Francesco CORSARO, Presidente,

Linda SANDULLI, Consigliere,

Silvestro Maria RUSSO, Consigliere, relatore,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso n. 12904/2004, proposto da ITALIA NOSTRA, con sede in Roma, in persona del legale rappresentante pro tempore e dal sig. Michele SACERDOTI, entrambi rappresentati e difesi dagli avvocati Fabio Massimo NICOSIA e Marcello Adriano MAZZOLA ed elettivamente domiciliati in Roma, alla via Dora n. 1, presso lo studio dell’avv. LORIZIO,

CONTRO

- il COMITATO INTERMINISTERIALE PER LA PROGRAMMAZIONE ECONOMICA – CIPE, in persona del sig. Presidente pro tempore ed il COMUNE DI MILANO, in persona del Sindaco pro tempore, non costituiti nel presente giudizio e

- la GRANDI STAZIONI s.p.a., corrente in Roma, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Marco ANNONI e Piero D’ AMELIO ed elettivamente domiciliata in Roma, alla via Udine n. 6,

PER   L’ANNULLAMENTO

della deliberazione CIPE n. 10 del 14 marzo 2003 (in G.U., s.o. del 13 luglio 2003), nella parte in cui approva i progetti preliminari e definitivi concernenti la Stazione centrale di Milano, nonché d’ogni altro atto presupposto, connesso o consequenziale e, in particolare, della deliberazione CIPE del 21 dicembre 2001 e del bando di gara d’appalto indetto da GRANDI STAZIONI s.p.a. per l’affidamento dei relativi lavori;

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio della P.A. e della stazione appaltante intimate, nessuno costituito per il Comune di Milano;

Visti gli atti tutti della causa;

Relatore all’udienza pubblica del 16 dicembre 2004 il Cons. dott. Silvestro Maria RUSSO e uditi altresì, per le parti, gli avvocati NICOSIA e D’AMELIO;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:

FATTO   E   DIRITTO

1. - Con deliberazione n. 10 del 14 marzo 2003 (in G.U., s. ord. del 13 luglio 2003), resa in attuazione del Dlg 20 agosto 2002 n. 190, il CIPE ha approvato i progetti definitivi concernenti l’adeguamento funzionale degli edifici delle grandi stazioni ferroviarie italiane (tra cui la Stazione centrale di Milano), nonché quelli preliminari delle relative infrastrutture complementari.

Tali edifici e le aree circonvicine, tranne alcune nei pressi delle stazioni centrale di Milano e di Genova-Brignole, di proprietà dei rispettivi Comuni, sono beni patrimoniali di RFI s.p.a. Nondimeno, detta Società, in data 14 aprile 2000, ha stipulato con GRANDI STAZIONI s.p.a., corrente in Roma, un contratto per la concessione in esclusiva di tali complessi immobiliari e le attività di riqualificazione, ristrutturazione e valorizzazione degli stessi, per un periodo di 40 anni. In relazione a ciò, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha individuato la Società concessionaria qualòe soggetto aggiudicatore delle gare inerenti a detti complessi immobiliari, in attuazione del Programma «Grandi Stazioni» ex Dlg 190/2002, quale grandi opere strategiche di cui alla c.d. “legge-obiettivo” (l. 21 dicembre 2001 n. 443).

2. – Avverso tale delibera, nonché ogn’altro atto presupposto, connesso o consequenziale (in particolare, la deliberazione CIPE del 21 dicembre 2001 ed il bando di gara d’appalto indetto da GRANDI STAZIONI s.p.a. per l’affidamento dei relativi lavori), insorgono allora, con il ricorso in epigrafe l’associazione ITALIA NOSTRA, con sede in Roma ed il sig. Michele SACERDOTI, relativamente ai lavori per la Stazione centrale di Milano, deducendo vari profili di censura. Resiste in giudizio l'intimata GRANDI STAZIONI s.p.a., che conclude per l'inammissibilità e l’infondatezza della pretesa attorea. Viceversa, il CIPE ed il Comune di Milano, pur se ritualmente intimati, non si sono costituiti nel presente giudizio di riassunzione per trasposizione dal TAR della Lombardia.

Alla pubblica udienza del 16 dicembre 2004, su conforme richiesta delle parti costituite, il ricorso in epigrafe è assunto in decisione dal Collegio.

3. – È inammissibile l’impugnazione spiegata in questa sede dal sig. Michele SACERDOTI, giacché il ricorso in epigrafe non dà alcuna, neppure succinta, contezza dei di lui interesse e legittimazione ad agire in questa sede, non essendo consentita la proposizione di un’azione popolare sul punto.

Parimenti inammissibile è il gravame avverso la deliberazione CIPE n. 121 del 21 dicembre 2001 ¾recante il 1° Programma delle infrastrutture strategiche¾, anche a guisa d’atto presupposto alla delibera CIPE n. 10/2003. Infatti, se l’Associazione ricorrente assume tale provvedimento come statuizione già di per sé sola conformativa del Programma  «Grandi Stazioni», allora l’impugnazione innanzi a questo Giudice è manifestamente tardiva, in quanto detta delibera fu pubblicata nella G.U., s. ord. n. 68 del 21 marzo 2002, mentre il ricorso in epigrafe è stato notificato solo il 21 ottobre 2003. Se, invece, la ricorrente impugna la deliberazione stessa come atto presupposto, in realtà non v’è alcun interesse attuale, in relazione ai motivi di gravame, da far valere contro il provvedimento stesso, giacché esso è in realtà meramente programmatorio e generico e non fornisce alcun’indicazione puntuale circa le modalità degli interventi da effettuare sulla Stazione centrale di Milano. Restano così assorbiti il primo, parte del quarto e parte del sesto motivo di gravame.

Ancora da dichiarare inammissibili sono: A) – il secondo motivo, per manifesta genericità, laddove si deduce e non è offerto neppure il principio di prova circa la pretesa incompleta composizione del CIPE sol perché la deliberazione n. 10/2003 è stata pubblicata solo con le sottoscrizioni del Presidente e del segretario dell’organo; B) – il terzo motivo, concernente l’indicazione di GRANDI STAZIONI s.p.a. quale soggetto aggiudicatore, non essendo stati impugnati gli atti presupposti alla deliberazione n. 10/2003 che hanno effettuato tale individuazione, né la convenzione tra detta Società e RFI s.p.a. circa il potere della prima di compiere interventi sul complesso immobiliare della Stazione centrale di Milano e non essendo stato dimostrato il mancato assenso del Comune di Milano per gli interventi sulle aree di parcheggio di sua proprietà; C) – per manifesta genericità e perché si concreta in una censura di puro merito, il quarto motivo, che esclude, estrapolando la sola Stazione centrale di Milano dal contesto degli altri interventi, la natura strategica unitaria delle opere per le grandi stazioni ferroviarie italiane; D) – perché è di puro merito, quella parte del settimo motivo che attiene alle scelte progettuali delle opere di riqualificazione interna alla Stazione de qua.

Il ricorso in epigrafe è poi divenuto improcedibile, per sopravvenuta estinzione del relativo interesse, per ciò che attiene all’impugnazione del bando di gara, pubblicato nella G.U. del 16 giugno 2003. Quest’ultimo, infatti, ha da tempo esaurito ogni suo effetto, in quanto la relativa gara è stata dichiarata deserta e la stazione appaltante ha emanato un nuovo bando, di diverso tenore. I fatti e gli atti medio tempore così intervenuti hanno determinato un nuovo assetto di interessi e posizioni soggettive, che l’Associazione ricorrente, pur se a ciò onerata, non ha ritenuto di dover far constare, perlomeno nella forma dei motivi aggiunti, innanzi a questo Giudice. Resta così assordito ogni riferimento, ancorché indiretto, all’impugnato bando e, in particolare, pure quella parte del settimo motivo che lo riguarda.

4. – Viceversa, va respinta l’eccezione d’inammissibilità dei motivi di ricorso, diversi da quelli d’interesse prettamente ambientalistico, proposti in questa sede.

L’Associazione ricorrente, pur essendo anche tra quelle ambientaliste e dotate della speciale legittimazione ex artt. 13 e 18 della l. 8 luglio 1986 n. 349, s’occupa pure (cfr. l’art. 3 dello Statuto) della tutela e della promozione, oltreché dell'ambiente, pure dei beni storici, artistici ed architettonici, cui appartiene con ogni evidenza la Stazione centrale di Milano. In tal caso, non valgono le pur giuste limitazioni di legittimazione che il diritto vivente fissa per i sodalizi ambientalisti, quando intendano far valere in via d’azione interessi d’altra natura, ché non possono godere di quegli automatismi sottesi agli artt. 13 e 18 della l. 349/1986. In base alle proprie disposizioni statutarie, invece, l'Associazione ricorrente è legittimata ad agire in giudizio non solo per la tutela di interessi ambientali in senso stretto, ma anche per quelli ambientali in senso lato e, soprattutto, per quelli sulla conservazione e valorizzazione dei beni culturali, dei monumenti e dei centri storici, intesi tutti come beni e valori ideali idonei a caratterizzare in modo originale, peculiare ed irripetibile un certo ambito geografico e territoriale rispetto ad ogni altro e, quindi, capaci d’assicurare ad ogni individuo che entra in contatto con tale ambito una propria specifica utilità che non può essere assicurata da un altro ambiente (così Cons. St., VI, 9 ottobre 2002 n. 5365).

5. – Passando ora al merito della questione, per la parte non dichiarata inammissibile o improcedibile, il ricorso in epigrafe non ha pregio alcuno e va disatteso, per le considerazioni di cui appresso.

Va rigettato il quinto motivo di gravame, giacché sfugge alla ricorrente come il carattere unitario delle opere di riqualificazione interna alle stazioni coinvolte, aldilà del livello di progettazione in cui tali interventi si collocano rispetto a quelli esterni agli edifici ferroviari, dev’esser inteso secondo la finalità complessiva del Programma «Grandi Stazioni» ex Dlg 190/2002. Per un verso, infatti, l’insieme dei due interventi non a caso è collocato nell’ambito del progetto «Sistemi urbani», in quanto tutti insieme mirano a profonde riqualificazioni di quella parte, invero cospicua, del tessuto urbano delle città in cui sorgono le stazioni ferroviarie coinvolte, la centralità delle quali è evidente e significativa quale polo d’interscambio della mobilità. Per altro verso, avendo già la stazione appaltante da tempo elaborato i progetti definitivi delle opere interne a dette stazioni ferroviarie, ben può applicarsi l’art. 16, c. 1 del Dlg 190 /2002, in virtù del quale, in presenza di siffatti progetti, si può procedere, in base a questi ed in via transitoria, alla localizzazione ed alla verifica della compatibilità ambientale delle opere progettate, secondo la procedura di cui al precedente art. 4. Per altro verso ancora, rettamente il CIPE ha preso atto dello stato della progettazione, ancora solo preliminare, delle opere esterne e le ha trattate secondo lo schema dell’ art. 3, senza con ciò incorrere in alcuna contraddizione o in vicende di stralcio, ossia mantenendo sì l’unitarietà logica e tecnica dei due interventi, ma senza assoggettarli artificiosamente ad un’unica procedura non voluta dal Dlg 190/2002.

Sul sesto motivo, in parte coincidente con quanto fin qui visto, osserva il Collegio che mera petizione di principio è l’assunto attoreo, per cui, a causa del diverso avanzamento della progettazione delle opere esterne rispetto agli interventi interni, ogni variazione di quelle determinerebbe un risultato negativo su questi (p.es., secondo la ricorrente, l’allocazione del parcheggio taxi sulla Galleria delle Colonne della Stazione centrale di Milano). Aldilà dell’esempio recato dalla ricorrente ¾per vero poco perspicuo, avendo formato oggetto d’esame nel progetto preliminare¾, il CIPE ha impresso alla progettazione de qua l’obbligo di visione unitaria tra opere interne ed esterne, di talché queste ultime devono necessariamente adeguarsi alle prime e non viceversa. L’apparente differenza di trattamento tra le une e le altre deriva solo dal diverso grado d’approfondimento progettuale, senza che ciò implichi non solo effetti negativi sui progetti definitivi, ma neppure la possibilità di derogare alla localizzazione ed alla consistenza delle opere esterne come individuate dal CIP. Da ciò discende l’inutilità (con ciò assorbendosi quella parte del settimo motivo non ancora dichiarata inammissibile o improcedibile) d’ogni ulteriore riflessione su tali interventi, fermo restando che, diversamente da ciò che opina la ricorrente, le Amministrazioni coinvolte, compresa la Regione Lombardia, non solo hanno partecipato alla procedura in argomento, ma hanno avuto modo d’esprimersi in modo compiuto, per la parte di loro spettanza, sui progetti medesimi.

Quanto, infine, all’ottavo motivo di gravame, la pretesa violazione dell’art. 45 delle NTA del PRG del Comune di Milano non sussiste, giacché tanto il Sindaco, quanto la Regione Lombardia, ciascuno per la propria parte, hanno adottato ed approvato la variante a tale norma prima della deliberazione sull’intervento da parte del CIPE. Ora, a parte la non perspicuità della censura, da una serena lettura della norma novellata, non pare che l’“ampliamento” degli interventi ammessi in zona M, in cui ricade la Stazione centrale di Milano, costituisca uno stravolgimento né delle destinazioni preesistenti, né dei carichi urbanistici di natura tale da snaturare il complesso immobiliare della Stazione stessa e delle relative aree di servizio. Detta novella, infatti, non fa che meglio specificare gli interventi ammissibili in zona M, sebbene la ricorrente ne lamenti l’illogicità, perché, a suo dire, il Comune non conoscerebbe «… i servizi commerciali previsti nella Stazione…». Per quanto tale censura s’appalesi più ad colorandum che di sostanza, non è chi non veda come le destinazioni di zona servano a prevedere ed a governare gli interventi ammissibili, non già a verificarne quelli esistenti e decidere di conseguenza, onde rettamente il Comune di Milano ha inteso rivalutare il contenuto della zona M di PRG, alla luce delle potenzialità insite nella ristrutturazione complessiva delle aree interne ed esterne della Stazione stessa.

6. – In definitiva, il ricorso in epigrafe va in parte dichiarato inammissibile e rigettato per la restante parte. Le spese del presente giudizio seguono, come di regola, la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

il Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sede di Roma, sez. 3°-ter, in parte dichiara inammissibile il ricorso n. 12904/2004 in epigrafe e lo respinge per la restante parte.

Condanna i ricorrenti, in solido ed in parti uguali tra loro, al pagamento, a favore di Grandi Stazioni s.p.a., delle spese del presente giudizio, complessivamente liquidate in € 2000 (Euro duemila), oltre IVA e CPA come per legge. Nulla per le spese nei riguardi delle altre parti intimate e non costituite.

Ordina all’Autorità amministrativa d’eseguire la presente sentenza.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio del 16 dicembre 2004.

Francesco CORSARO, PRESIDENTE  

Silvestro Maria RUSSO, ESTENSORE