RASSEGNA

DI

ARCHITETTURA

RIVISTA MENSILE DI ARCHITETTURA E DECORAZIONE

 

LA NUOVA STAZIONE VIAGGIATORI DI MILANO

 

15 OTTOBRE - 15 NOVEMBRE 1931

 

 

 

IL FABBRICATO VIAGGIATORI

DELLA NUOVA STAZIONE DI MILANO

 

ARCH. ULISSE STACCHINI

 

 

Nel Concorso Nazionale per il Fabbricato Viaggiatori della nuova Stazione di Milano, indetto nel 1912 dalle Ferrovie dello Stato d’accordo col Municipio di Milano, Concorso al quale presero parte quarantacinque concorrenti, presentai un progetto col motto «In motu vita», che ebbe la fortuna di essere prescelto per l’esecuzione, con l’unanimità di voti, dall’On. Commissione giudicatrice, che era composta dagli Architetti: Camillo Boito, Gaetano Moretti, Manfredo Manfredi, Giovanni Giachi e dagli Ingegneri: Ausano Cajo, Rinaldo Rinaldi, Cecilio Arpesani.

Agli illustri Uomini, dei quali purtroppo molti sono scomparsi, mi è caro rivolgere il mio pensiero con devota e deferente gratitudine.

Il progetto comprendeva allora due tettoie verso la Piazza Andrea Doria; una per i veicoli, l’altra per i trams.

Negli anni successivi, sino all’inizio della guerra europea, d’accordo con l’Amministrazione delle Ferrovie e col Municipio di Milano, a seguito di moltissimi studi per meglio risolvere i complessi problemi inerenti i vari servizi, il progetto di Concorso subì notevoli e sostanziali varianti e venne in definitiva anche soppressa la tettoia dei trams e ridotta quella delle carrozze. Questa modifica apportò una forte economia di spesa e mi dette agio di meglio risolvere le piante in rapporto alla viabilità e all’esercizio, dando la possibilità anche di aggiungere una Galleria in testa ai binari, onde disimpegnare nel miglior modo possibile l’accesso ai treni.

La guerra non permise però di iniziare i lavori, e solo molto tempo dopo, con l’avvento dei Governo attuale, riprese vita la speranza d poter rendere esecutivo il progetto.

Infatti solo nel 1925 mi fu dato di riprendere lo studio del progetto e, a seguito di nuove varianti, resesi necessarie per avvenute necessità ed anche per avere 1’ On. Amministrazione deciso di sostituire le grandi tettoie alle pensiline, fu presentato il progetto definitivo all’approvazione del Capo del Governo e, mercé la sua ferma volontà di voler risolto definitivamente il riordino ferroviario di Milano, ebbero inizio i lavori, sotto l’alta vigilanza di S. E. il Ministro delle Comunicazioni Conte Costanzo Ciano di Cortellazzo, il quale seppe mantenere fermo il programma di portarli a termine nel più breve tempo possibile.

Le piante allegate danno una chiara visione della disposizione generale dei vari ambienti e come questi si collegano al vasto piazzale dei binari. Quando il pubblico deve trovare facile viabilità in un edificio, è necessario risolvere il problema con la maggior semplicità possibile, in modo da rendere immediatamente evidenti gli assi principali sui quali si imperniano gli ambienti più importanti, affinché l’orientazione avvenga con rapidità. Osservando la pianta schematica, è facile persuadersi che qualora aumentasse fortemente il transito dei viaggiatori, basterebbe per ottenere che la viabilità potesse compiersi senza difficoltà, regolare il movimento dei passeggeri nel modo seguente:

1.  destinare le due scale A, che dall’Atrio Biglietti portano alla Galleria di Testa, ad esclusivo passaggio dei viaggiatori in partenza;

2.  riservare le quattro grandi scale B e C per i viaggiatori in arrivo.

Inoltre occorrerebbe adibire i due grandi locali in comunicazione con l’Atrio Biglietti per i bagagli in partenza, e gli altri due, separati dai primi dagli scaloni B e che hanno accesso diretto oltreché dalla Galleria anche dalle vie laterali, per i bagagli in arrivo.

Questa disposizione, che è stata quella ideata nello studio della pianta, è, come è facile a comprendere, di semplice attuazione.

Oggi è stato disposto, dato il transito relativamente limitato dei viaggiatori, di lasciar libero il passaggio nelle varie scale, senza imporre le precise indicazioni suesposte.

 

Una volta stabilita la circolazione dei viaggiatori, come accennato, tenuto calcolo dei numerosi passaggi nella cancellata di controllo della Galleria di Testa per l’accesso ai treni, e dell’ampiezza di detta Galleria e del marciapiede di testa o trasversale, è evidente che anche con un forte aumento di passeggeri, rimarrà risolta la circolazione dei viaggiatori così da non creare incroci di correnti o da non essere queste d’intralcio, data la vastità degli ambienti.

Nell’osservare la già richiamata pianta schematica, è facile rilevare che con tale soluzione, si sono anche raggiunti degli effetti prospettici importanti, come quelli sull’asse X-Y passante per tutti gli ambienti del piano terreno, in modo che, percorrendo quest’asse da via Sammartini a via Aporti o viceversa, chi arriva in stazione da queste vie, trova da una parte la Galleria delle Carrozze e dall’altra i bagagliai, gli scaloni e la Biglietteria, formando così un vero e proprio ambulatorio di accesso a tutti i servizi del piano terreno, senza necessità di percorrere la Galleria delle Carrozze. Altra fuga prospettica importante è quella secondo l’asse dei due scaloni B di arrivo, che prosegue, attraverso la Galleria di Testa, nelle due tettoie di m. 44,90. Ed altra ancora, quella sull’asse longitudinale della Galleria di Testa, per chi entra dalle vie laterali e percorre le scale C.

La Galleria delle Carrozze, i due Scaloni B di arrivo, che servono a collegare la suddetta Galleria con l’altra di Testa situata al piano del ferro, e l’Atrio Big1ietti, formano lo schema, intorno al quale s’impernia tutto lo studio dei vari servizi e si sviluppa il corpo principale del fabbricato, che si innalza su una superficie di circa 21500 metri quadrati, avendo il lato verso la Piazza di m. 215, per una profondità, limitata dall’inizio delle tettoie, di circa m. 100.

E’ facile comprendere come questi cinque grandi ambienti dovevano, per le loro vaste dimensioni, rappresentare un complesso collegato sia per l’architettura, sia per la proporzione degli ambienti stessi.

 

GALLERIA DELLE CARROZZE

 

Essa misura in pianta m. 185 x 24 circa ed occupa quasi tutta la facciata verso la Piazza Andrea Doria.

Questa vasta Galleria, destinata al transito dei veicoli, altro non è che una larghissima strada coperta (a Milano via Dante ha 18 metri di larghezza). Avevo quindi da risolvere un problema di una difficoltà non indifferente e cioè con questo avancorpo dar forma e sviluppo alla vera e propria facciata, dare all’ osservatore la sensazione di uno spazio coperto destinato al transito dei veicoli e nel contempo collegare architettonicamente questo avancorpo ai due fabbricati lungo le vie laterali, fabbricati che comprendono vari piani di uffici e che non si distaccano troppo dalle proporzioni normali per edifici destinati a tale uso.

Oggi, a opera finita queste difficoltà non sono più evidenti. Ciò non toglie che esse abbiano costituito una serie di problemi da sgomentare architetti provetti e se le soluzioni di struttura e di ricorrenze architettoniche adottate per risolverlo si possono, come ogni cosa discutere, non è poi detto che sarebbe stato facile trovarne di diverse e migliori. Questa Rivista è dedicata più specialmente ai tecnici e quindi è inutile intrattenersi in disquisizioni artistiche che sarebbero necessarie in altro campo. Il tecnico intuisce, con un attento esame, le difficoltà affrontate e gli sarà quindi facile un apprezzamento sulle questioni prospettate.

Ma procediamo con ordine. Oltre i vincoli su-esposti, un altro dato invariabile era la quota del piano dei binari rispetto alla quota stradale e cioè m. 7,40 di dislivello ed erano pure fisse le altezze in gronda dei due corpi laterali.

A m. 7,40 dovevano dunque ricavarsi nell’interno della Galleria le varie aperture di finestra dei locali al primo piano, per i Saloni di Attesa e per quelli di Ristorante. Vincolo ancora di grande importanza, erano gli assi delle immense tettoie in ferro.

Non ricordo altro esempio di edificio che abbia un avancorpo, adibito al libero passaggio dei veicoli, di una così grande estensione e che abbia altresì aperture così vaste da permettere un transito comodissimo ai veicoli, non solo dagli imbocchi laterali della Galleria stessa, ma anche dalle altre aperture lungo tutta la fronte.

Al fine di non rendere monotono l’ambiente e troppo simile all’altra Galleria, quella di Testa, al primo piano che ha per tutto il suo sviluppo una sezione costante, vennero tenute le due parti estreme coperte a volta ribassata e la parte centrale con una copertura piana sopraelevata, la quale, collegandosi alla copertura dell’Atrio Biglietti, formasse una massa esterna movimentata, onde raggiungere una linea generale prospettica consona all’imponente massa dell’edificio, che si sviluppa per m. 215 verso la Piazza e con una profondità, verso le vie laterali, di circa m. 450.

Quest’ultima misura è limitata dal termine delle grandi tettoie e senza quindi tener conto delle rimanenti costruzioni che si prolungano ancora moltissimo nelle dette due vie, fermandosi all’altezza del piano dei binari; costruzioni nelle quali l’architettura non è legata al rimanente dell’ edificio, perché in parte eseguita prima del Concorso.

La sopraelevazione centrale della Galleria delle Carrozze, è limitata all’ avancorpo della facciata principale, il quale abbraccia le tre grandi aperture architravate, che misurano m. 9 x 17 circa e costituiscono i tre ingressi principali.

Quello centrale è destinato ai pedoni, che scendendo dai trams possono, camminando sui grande marciapiede centrale della Piazza, accedere alla Galleria, per poi passare ai vari ambienti senza incontrare veicoli, poiché questi, entrando dai due imbocchi all’estremità della Galleria, larghi anch’essi m. 9, escono dalle due porte laterali del centro dell’avancorpo di facciata.

Questo marciapiede centrale si estende così lungo tutta la Galleria dal lato di accesso ai locali, e nella parte centrale, in corrispondenza ai pilastri che separano i tre suaccennati portali, vennero studiate due scalee che portano ai sotterranei per dare accesso, verso la Piazza, alla futura Metropolitana e, verso l’interno, all’Albergo Diurno, il quale occuperà tutto il sotterraneo della parte centrale della Galleria e gran parte di quello dell’Atrio Biglietti. L’Albergo Diurno ha inoltre due scale di servizio ricavate nei piloni d’angolo dell’Atrio Biglietti (le quali salgono sino alle terrazze di copertura) ed una uscita di servizio sull’asse di Stazione che, con piano inclinato, arriva al livello stradale del sottopassaggio di via Pergolesi. Inoltre quattro ascensori metteranno in comunicazione l’Albergo Diurno con l’Atrio Biglietti e il piano dei binari.

Sempre verso la Piazza, nelle due parti laterali all’avancorpo, si aprono tre grandi trifore per parte, le cui aperture centrali possono eventualmente servire di passaggio ai veicoli, avendo una luce di oltre 4 metri.

Io ritengo di avere ottenuto, con questa teoria di grandi aperture poste sia sulla facciata che nelle testate (nella Galleria, il carattere richiesto dalla funzione a cui l’ambiente è destinato e cioè di un corpo di fabbrica adibito al passaggio dei veicoli. Ho così ritenuto necessario di continuare l’architettura della fronte anche nell’interno della Galleria stessa, ma con aggetti meno sentiti e con elementi più appropriati.

Il  rivestimento delle pareti è in parte in pietra di Nabresina e in parte in cemento ad imitazione di detta pietra.

Quattro medaglioni, dello scultore Giannino Castiglioni, decorano i due arconi che limitano la parte centrale della Galleria e rappresentano l’Industria, il Commercio, il Lavoro, la Scienza. Le altre parti decorative vennero modellate da Domenico De Grandi, il quale modellò pure quelle delle facciate, ad esclusione dei tre medaglioni a figure simboliche dell’esterno del Salone Biglietti ed i cavalli alati dell’avancorpo della facciata principale, rappresentanti il Progresso guidato dalla Volontà e dall’Intelligenza che sono opere dello scultore Armando Violi. I quattro emblemi delle varie città, sui padiglioni dei corpi laterali nelle vie Sammartini e Aporti, vennero modellati dallo scultore Giuseppe Gronchi. Per dare un’idea della mole colossale dei due suddetti gruppi dei cavalli, credo interessante indicare che misurano 8 metri di lunghezza dalla testa alla coda.

 

SCALONI DI ARRIVO

 

La Galleria delle Carrozze è congiunta alla Galleria di Testa che si svolge parallela alla prima, ma posta al piano del ferro, da due grandi e monumentali scaloni B.

Essi sono tra loro uguali e per dimensioni e per decorazione ed hanno una misura in pianta di m.     15 x 45.

Sui due lati maggiori si aprono i finestroni dei Saloni Ristorante e di Attesa, nel lato minore, verso la Galleria delle Carrozze, un’ampia trifora, superiormente a quella di accesso al locale, illumina l’ambiente in unione a due ampi lucernari quadrati nel soffitto.

I gradini e gli scamilli sono in granito di Biella, la grande zoccolatura in pietra lucida di Abbazia (S. Benedetto) del Bergamasco, di una tonalità calda grigia, che ben s’intona col granito.

Le lesene del piano superiore e le colonne, sono in parte in breccia Aurora di Brescia lucida ed in parte in marmi sintetici ad imitazione della stessa pietra, come pure in finto marmo vennero eseguiti, ad imitazione del Chiampo, le spalle dei finestroni, le nicchie, ecc. Le parti decorative vennero modellate da Domenico De Grandi, il quale dette l’opera sua anche per altri ambienti principali. L’ampiezza eccezionale di questi due scaloni è stata richiesta appunto, perché in un futuro tempo dovranno esclusivamente servire, con l’aggiunta delle altre due scale all’estremità della Galleria di Testa, a sfollare i passeggeri in arrivo che vengono in massa dai treni.

Questi due ambienti danno evidentemente un’impressione di grandiosità pari a quella che si riceve nelle due Gallerie delle Carrozze e di Testa, comunicanti fra loro a mezzo di detti scaloni.

 

ATRIO BIGLIETTI

 

Il grande Atrio Biglietti al piano della strada, sull’asse di Stazione, comunica coi bagagliai ed è posto fra le suddette Gallerie, allacciate fra loro dalle due scale A (vedi pianta schematica) che sono di minor larghezza delle altre sopradescritte (m. 6) perché destinate ai viaggiatori in partenza.

 

Il lato maggiore di questo atrio rettangolare è di m. 68, in modo che è stato possibile porre i 31 sportelli per la vendita dei biglietti in faccia ai tre ingressi principali, corrispondenti ai tre grandi portali del corpo centrale della facciata verso Piazza Doria. L’altro lato dell’atrio è di m. 34, in modo che, in occasione di grande affollamento di viaggiatori, questi potranno disporsi comodamente in code estesissime per l’acquisto dei biglietti, senza intralciare la viabilità. La copertura del locale è volta a botte, nella quale sono stati studiati tre grandi velari.

La luce oltre che da questi, scende anche da due grandi finestroni arcuati aperti sui due lati minori e posti al di sopra delle coperture dei due saloni di attesa ai primo piano, attigui all’atrio stesso. Queste due grandi aperture di 18 metri di luce, oltre che ad areare il locale, servono a rallegrare l’ambiente, sia lasciando intravvedere un largo spazio di cielo, sia permettendo al sole di penetrare a dorar le tinte calde dei rivestimenti. A ridosso delle due pareti minori dell’atrio, in un corpo sporgente che forma centro decorativo, vennero ricavati due ascensori per parte, capaci di 13 persone cadauno, che servono a mettere in comunicazione l’Atrio Biglietti con le Sale di Attesa del piano superiore ed anche con l’Albergo Diurno del sotterraneo, come già accennato.

Superiormente ai portali, sui lati maggiori, trovano posto sei bassorilievi dello scultore Alberto Bazzoni, il quale ha pure modellato i gruppi e le statue che decorano i lesenoni e gli altri bassorilievi sulle pareti minori e sulla volta. Il pavimento è in mosaico alla veneziana con riquadrature in marmo; due grandi passatoie pure in mosaico a disegno, partono dalle due porte laterali della Galleria e collegano queste, con le due scalee d’accesso ai treni.

Il verde Roja della zoccolatura, che si fonde col granito verde di Mergozzo dei gradini e degli scamilli delle due scalee, il giallo d’Istria delle biglietterie, la brillante colorazione dei travertino di Siena del soprazoccolo, che lucidato acquista una tonalità caldissima, col marmo rosato di Portasanta dei grandi portali, e la finta pietra di travertino non lucido delle restanti pareti, si fondono, a mio parere, in una tonalità calda e riposante, cosi voluta a vantaggio delle semplici linee architettoniche, onde maggiormente raggiungere quel senso di severità e di grandiosità che mi ero prefisso. I visitatori, dopo essersi ambientati nella vasta Galleria delle Carrozze, dovevano trovare rispondente per arditezza di linee, l’Atrio Biglietti, che è poi il più importante ambiente dell’edificio, e la di cui copertura superiore formante tetto, costituisce la soprastruttura predominante della massa esterna. Il sottile spirito popolare, levando gli occhi alla volta vastissima che chiude le pareti di questo Atrio, ha potuto confrontarlo con le grandi costruzioni romane.

I confronti non sono, in genere, che dei clichés sui quali ama riposarsi la pigrizia spirituale di chi cerca di respingere un’impressione nuova da cui è stato colpito. Ma il confronto ha sempre, tuttavia, un fondo di verità e viene direttamente da una prima impressione, la più genuina. Certo è che se la biglietteria ci ricongiunge alle proporzioni monumentali dell’antica Roma e ci dà la fierezza che l’Italia rinnovata abbia saputo esprimere nuovamente la sua potenza, la Galleria di Testa, più ancora di quella delle Carrozze e dei grandi scaloni non permette immediati confronti e sùbiti ricordi.

Infatti, solo la Stazione di Lipsia in Europa, può affacciarsi alla mente per un confronto di grandezza, ma non per importanza architettonica.

 

GALLERIA DI TESTA

 

La Galleria di Lipsia da un lato si apre con grandissime arcate sulle tettoie in ferro dei treni, formando un disequilibrio estetico coi lato opposto; qui invece si presenta come un vero e proprio atrio di transito, staccato e al contempo legato alle gigantesche tettoie, in modo che, se il risultato risponde all’intenzione avuta, dovrebbe sembrare che con l’avvicinarsi ai marciapiedi dei treni, si sia voluto ambientare il visitatore al mezzo modernissimo di locomozione che lo attende.

Infatti dalle linee austere dell’esterno e della Galleria delle Carrozze, passando per i1 vasto Salone Biglietti o per le grandi scalee, si arriva nella Galleria di Testa ad una voluta semplicità di linee, di toni e di materiale.

Il travertino lavorato a grandi masse di tutte le pareti, contrasta infatti con le pietre policrome degli altri ambienti che portano ai livello dei treni, i grandi velari, le vaste aperture, dovrebbero dare impressione di legarsi intimamente alle tettoie in ferro, senza per questo che l’insieme architettonico abbia a soffrirne.

Questa Galleria che attraversa al piano del ferro, parallelamente a quella delle Carrozze, tutto il corpo principale da via Sammartini a via Aporti, misura in pianta m. 215 x 22 ed è alta alla sommità  della volta policentrica m. 25. Alle due estremità, due scalee discendono ai due atrii di accesso verso le vie laterali.

Chi da questi atrii volge lo sguardo alle suddette scale, intravvede la volta della Galleria superiore. Pure un’ampia apertura centrale nel soffitto di ciascun atrio, permette la visione di detta volta. La Galleria di Testa, come già è stato accennato, ha lo scopo di smistare i viaggiatori destinati a treni da un lato e dall’altro ai vari saloni di ristorante e di attesa, alle scale, ai vari locali della posta, telegrafo, telefono, informazioni, banca, bar, CIT, giornali, tabacchi, colli a mano, ecc.

E facile comprendere come non fosse un tema semplice, quello di risolvere le due pareti longitudinali di detto ambiente. Infatti: da una parte, verso i binari, ove si trovano le cancellate di controllo, occorreva ottenere delle vaste aperture, sia per un facile accesso ai treni, sia per potere dalla Galleria stessa abbracciare il vasto piazzale dei binari e quindi facilmente orizzontarsi per accedere al marciapiede voluto, mercé gli appositi cartelli indicatori dei treni in partenza a capo di ogni linea dei 22 binari.

Dal lato opposto della Galleria, occorrevano invece numerosissime aperture, ed esse dovevano essere di svariate misure, sia in altezza che in larghezza, a seconda dell’importanza dei locali cui davano accesso.

Era opportuno anche interrompere la monotonia dei velari e così vennero alternati i velari stessi con tratte non illuminate, sempre rispettando i vincoli degli assi principali delle tettoie in ferro da una parte e dei locali principali dall’altra.

Inutile descrivere particolarmente la soluzione adottata, sia per l’ossatura, come per la parte architettonica decorativa, perché le tavole riprodotte possono, meglio che le parole, dare una idea dell’insieme e del dettaglio e render persuasi se l’effetto ottenuto abbia risolto in gran parte la difficoltà dovuta a quella dissimetria di pianta.

Oltre ai nove velari della volta, sono stati ricavati grandi finestroni nei lato a Sud, i quali prendono luce da quattro cortiletti che s’iniziano superiormente ai piccoli ambienti che precedono i saloni di ristorante e di attesa, oltre i due grandissimi finestroni a trifora che trovansi sulle due testate della Galleria, verso le vie laterali.

Da tutte queste finestre il sole penetra nell’ambiente e serve a colorire anche maggiormente il granito rosso di Baveno dello zoccolo e il travertino che riveste tutte le pareti sino all’altezza dell’imposta della volta, in parte lucido e in parte levigato.

La parte superiore delle pareti e tutta la volta, è in pietra artificiale ad imitazione del travertino.

Le parti decorative vennero modellate dallo studio artistico di Giovanni Chini.

Il pavimento è in mosaico alla veneziana con grandi fasce di riquadro in marmo. Nei centri dei riquadri vi sono dei motivi decorativi alternati dagli stemmi di Roma, Torino e Firenze.

Nella varie specchiature delle pareti, dal lato opposto a quello dei treni, era stata decisa una decorazione a mosaico che rappresentasse, con allegoriche sintesi decorative, le principali città d’Italia. A ciò non si poté addivenire, perché il tempo limitatissimo rimasto per le opere di finimento costrinse a risolvere questo particolare con piastrelle in ceramica che il pittore On. Basilio Cascella dipinse partendo da un concetto diverso da quello iniziale. Egli rinunciò infatti alle sintesi da me desiderate per dare ai pannelli un più ampio sviluppo grafico. Non mi sembra inutile far presente, data l’enorme superficie (mq. 66500) coperta dalle cinque tettoie per i treni, l’effetto imponente che esse producono viste, dalle aperture vastissime arcuate, della Galleria di Testa.

La lunghezza di queste volte di ferro e vetro è di circa in. 340. Quella centrale ha una luce di 72 metri, le due contigue di m. 44,90 e le due estreme di m. 11,80. Per chi guarda dalle tre aperture centrali della Galleria, si presenta la tettoia centrale e per chi osserva dalle due aperture in asse con gli scaloni d’arrivo, le due grandi tettoie laterali. Sullo sfondo delle cinque volte, si disegnano nel cielo i monti lontani, dando al quadro generale un impressione quanto mai suggestiva.

 

 

SALONI DI ATTESA E DI RISTORANTE

ALTRI LOCALI

 

Descritti così i cinque ambienti principali, resta solo da far cenno di quelli minori.

Dalla Galleria di Testa si accede, come già accennato, alle due Sale d’Attesa di I e II classe, una, e l’altra di III classe, che si trovano adiacenti al Salone Biglietti. Esse misurano cadauna m. 13 x 37 coperte a volta ribassata. Prendono luce ed aria da due grandi velari, da una finestra a trifora grandissima che guarda nella Galleria delle Carrozze, da un’altra in alto con vetrate del pittore Tevarotto, che dà in uno dei quattro cortiletti di cui si è già accennato e che si formano superiormente ai piccoli locali posti tra i saloni stessi e la Galleria di Testa, e da sette finestroni che si aprono sui due grandi scaloni di arrivo.

Nella Sala d’ Attesa di I e II classe, ho cercato, sia col rivestimento in legno noce superiormente ad un zoccolo di pietra Lipos scura di Gorizia e agli stipitoni pure in noce che racchiudono le varie aperture, sia col tenue colore delle lastre di Aurora di Brescia a rivestimento delle pareti, sia con i mobili pure in noce con coperture in pelle, di ottenere un senso di intimità e di signorilità non solo, ma specialmente con la sagoma dei grandi divani a doppio schienale e con la struttura della volta del locale, di ricordare i wagons-salon dei treni.

Nel Salone di Attesa di III classe, simile a quello di I e II per dimensioni e forma, la decorazione si limita ai semplice rivestimento di marmi delle pareti, che giuocano su due soli toni di colore e cioè il grigio del Lipos e del Repen con il giallo reale di Asiago.

Privo di decorazioni il soffitto e semplicissimi i grandi sedili in rovere, solo qualche nota decorativa ho introdotto nei tavoli, coperti anche qui, come nell’altra sala, di lastre di granito di Biella lucido, in questa sala, si possono osservare sei affreschi negli sfondati corrispondenti alle finestre sullo scalone, dovuti al pittore Marcello Nizzoli, che si accordano alla tonalità generale dei rivestimenti delle pareti, e che rappresentano originali visioni di alcune città d’Italia.

I due Saloni di Ristorante, quello di e quello di III sono uguali per dimensioni a quelli di Attesa; ma sono coperti in piano invece che a volta. Luce ed aria ottenute pure come in quelli di Attesa, oltre ad altri tre finestroni per sala che guardano in un cortile.

Nella Sala Ristorante di I, mi sono servito dei marmi gialli di Vicenza, del Chiampo e della pietra aurora di Brescia, per ottenere una tonalità generale calda e chiara.

In alto, diciassette pannelli del pittore Pietro Lavagnini e tre vetrate pure di detto artista, completano la parte policroma dell’ambiente. Per i mobili, che ho disegnato molto semplici, ho adoprato il legno noce rigatino e il noce scuro, in modo che risaltano sulla tonalità chiara dell’ambiente.

Nella Sala di Ristorante di III, solo il marmo delle pareti e alcune formelle decorative in stucco dello scultore Ambrogio Bolgiani, formano la decorazione dell’ambiente, la cui tonalità degrada dal rosso porfirico di Tolmezzo al Chiampo chiaro, con specchiature di Repen di Gorizia.

Anche qui ho cercato di ottenere dei passaggi di tinta delicati, che credo aver raggiunto e che, come nelle altre sale, ritengo diano un senso di larghezza e di luce a profitto delle proporzioni dell’ambiente. Dalle Sale di Attesa e di Ristorante, attraverso le grandi vetrate, s’intravvedono gli scaloni e le altre sale, in modo che l’occhio del visitatore può spaziare e ricevere quell’impressione di vastità, che realmente esiste negli ambienti stessi, uno vicino all’altro.

Si può infatti da questi quattro saloni, affacciarsi verso gli scaloni e vedere il passaggio dei viaggiatori, come pure dai finestroni verso la Galleria Carrozze, abbracciare con lo sguardo non solo il movimento dei sottostanti veicoli, ma bensì anche la Piazza Andrea Doria.

Vicini ai ristoranti e verso le due vie laterali, vi sono tutti i locali di servizio necessari che si estendono non solo al piano stesso dei saloni, ma occupano anche i locali ad essi corrispondenti ai piani superiori e nelle cantine; i quali locali hanno un accesso diretto dalle strade, con una propria scala e montacarichi speciali.

Due bars, uno di III classe, a rivestimento di Aurora, vicino al ristorante di III e l’altro di I con le pareti di Cipollino verde che serve di comunicazione tra il ristorante di I e il Salone Caffé che guarda verso la via Aporti; in esso la parte policroma resa con i marmi giallo reale di Asiago e di Repen che circondano grandi specchi.

In tutte le sale finora descritte al piano del ferro, i pavimenti sono in marmo di vari colori e a disegni appropriati al carattere architettonico delle pareti.

Come già detto, dalla Galleria di Testa si accede ad altri locali di minore importanza:

 

Quelli della Posta e Telegrafo, della CIT, dei telefoni, ecc., per i quali ho creduto opportuno di dare sia al mobilio, che alle pareti e soffitti, la maggior semplicità possibile, unita alla praticità richiesta dai singoli servizi.

 

ILLUMINAZIONE

 

Qui, come nelle Sale di Attesa e di Ristorante, per l’illuminazione ho disegnato apparecchi intonati alla decorazione delle pareti con i applicazione di vetri diffusori, onde evitare la visione dei centri luminosi, di ottenere una luce che riposa e dà agli ambienti quella tonalità calda, che avvantaggia gli effetti policromi delle pareti.

Nelle due Gallerie invece, quella delle Carrozze e quella di Testa, data la vastità degli ambienti, si sono dovuti adottare delle lampade comuni nella prima, e nella seconda dei lampadari a più centri luminosi.

Detti lampadari, sono di dimensioni colossali e tanto per questi, come per tutti gli altri apparecchi d’illuminazione, sono occorsi non pochi studi per ogni singolo caso e non è stato problema facile l’ottenere una giusta proporzione ed una linea soddisfacente.

Del resto, la vastità dei locali ha obbligato, dopo moltissime piove, fatte sempre ci accordo con 1’ «Ufficio Speciale Lavori» delle Ferrovie dello Stato, a risolvere l’illuminazione degli scaloni di arrivo e dell’Atrio Biglietti con luci indirette dai velari. Infatti, per questo ultimo ambiente, una volta stabilita la fonte principale della luce dai velari, ho cercato di ottenere un disegno che si adattasse a rendere di giorno opaca una data zona, che non potesse nuocere al disegno stesso e che di sera, restando illuminata, formasse di per sé decorazione ben inquadrata nei velari. L’effetto mi sembra sia raggiunto e si sia anche ottenuto una distribuzione di luce uniforme, con l’aiuto di quattro grandi fanali all’inizio degli scaloni di partenza. La decorazione delle pareti non viene a perdere di consistenza, anzi direi quasi che tragga avvantaggio, dallo smorzarsi delle ombre.

Anche nei bagagliai l’illuminazione è stata risolta con apparecchi che ho tenuto molto semplici e in ferro, invece che in bronzo o in ottone cromato, come del resto sono semplici i plafoni e le pareti di questi ambienti, salvo una zoccolatura in granito rosa di Baveno, che corre tutto in giro alle pareti.

 

CORPI LATERALI LUNGO LE VIE APORTI E SAMMARTINI

 

Lungo le vie laterali e sino al sottopassaggio Pergolesi, s’innalzano i due corpi di fabbrica a quattro piani, compreso quello a livello stradale, che, col corpo principale, racchiudono parte del piazzale dei treni sotto le tettoie. Oltre la via Pergolesi, per una tratta di altri 200 metri e precisamente sino al termine delle tettoie in ferro, le costruzioni si fermano al piano dei binari con architettura che ho cercato di legare il più possibile, pure informandola a maggior semplicità, al rimanente dell’edificio. Oltre questo limite la costruzione continua con architettura diversa, per moltissimo tratto ancora, sempre limitata all’altezza del piano del ferro e serve per i vari servizi dei pacchi postali, delle merci a grande velocità, per i dormitori militari di transito, per gli emigranti, per le cabine dei trasformatori, per l’Associazione Ferrovieri Fascisti, ecc., ecc.

Nei corpi di fabbrica a più piani, a livello della strada si trovano in gran parte dei vasti locali destinati a negozi, al piano del ferro i vari uffici di stazione e così ai piani superiori, oltre ad alcuni appartamenti per il personale.

All’estremità del corpo di fabbrica di via Aporti, vicino al passaggio Pergolesi, è stato posto il Padiglione dei ricevimenti e più comunemente chiamato il Padiglione Reale.

 

PADIGLIONE REALE

 

Esso ha l’accesso diretto dalla strada a mezzo di tre porte che adducono ad un primo disimpegno, seguìto da un atrio, ove, una nicchia, con il busto di S. M. il Re, dello scultore Franco Lombardi, decora la parete di fondo unitamente ad una serie di bassorilievi rappresentanti le varie armi, modellate dallo scultore Ambrogio Bolgiani.

Da questo atrio si passa ad un altro ambiente che precede lo scalone. Questi locali hanno le pareti rivestite di pietra di Valdagno (Vicenza), ad eccezione delle colonne e lesene dell’antiscalone, che sono di Verdello di Verona. I pavimenti sono in travertino con fasce di marmo.

Lo scalone, a due rampe, ha la zoccolatura in Verdello, i gradini in Chiampo onice giallo, la balaustra in Verdello e onice. Le pareti superiori in paonazzetto di Carrara, con specchiature di Portasanta.

Al primo piano, un grande ed unico ambiente è diviso da colonne e pilastri in tre parti, delle quali la prima serve da antisala, quella di centro ai ricevimenti, e l’ultima è riservata. Inoltre vi è un’altra piccola saletta ed i vari servizi, compreso l’ascensore.

In queste tre sale, predomina il Cipollino verde di Carrara, col quale vennero eseguite le varie colonne, le lesene e i rivestimenti dei pilastri, la zoccolatura è in occhialino della provincia di Bergamo e il soprazzoccolo in pietra aurora di Brescia. I pavimenti in legno intarsiato con fasce di contorno in marmo. Una fontana in verde Roja di S. Dalmazzo, con mosaici, decora la parete di fondo di questo grande scalone.

In alto, nella parte centrale del salone, forma fascia un bassorilievo dello scultore Alberto Bazzoni ed un velario a colori, illumina il locale unitamente alle finestre che danno verso la via e sotto le tettoie.

Il mobilio, intonato all’ambiente, il quale è inspirato allo stile Impero, venne eseguito in palissandro scuro e mogano con alcune parti in metallo argentato ed è di un tono che si stacca fortemente dalle pareti. La stoffa ed i tendaggi in celeste pastello, con decorazioni tessute in argento vecchio, si accordano alla colorazione generale e danno all’ambiente quella nota di distinzione e di signorilità che era richiesta.

Mentre la fronte verso i binari della Galleria di Testa e quella dei corpi laterali sono improntate alla maggior semplicità di linee, ricavata dal granito rosa di Baveno e dal travertino, arrotato in parte naturale ed in parte artificiale, il Padiglione Reale verso i binari, è tutto in travertino di Siena con delle colonne in paonazzetto e si distacca dal resto per la sua architettura classicheggiante, ma pure intonata al rimanente, sia per la parte policroma, sia per il ricorso delle linee principali.

Così credetti di fare per dar maggiore importanza al piccolo edificio, contro il quale la tettoia dei treni assume un’ importanza maggiore.

Pure nella pavimentazione del marciapiede verso i binari, in corrispondenza di questo Padigione, invece di continuare i masselli in asfalto compressi, vi è il mosaico alla veneziana con passatoie in marmo a disegno, che vanno dalle porte del Salone sino ai binari.

Accanto al Padiglione Reale, un’ intera campata, delimitata dalle grandi centine, è dedicata a ricordare i ferrovieri caduti nella grande guerra. Il Granito rosa di Baveno e il Giallo d’ Istria, decorano le pareti, oltre a due vasi di Verde Roja, posti in due nicchie.

 

SOTTOPASSAGGIO PERGOLESI

 

Nel sottopassaggio Pergolesi, per far risaltare la struttura risultata dal calcolo, dato che essa si presentava di per sè stessa armonica, tutte le pareti sono state semplicemente intonacate, limitando lo studio ad una zoccolatura che serve a legare la teoria dei pilastri, sorreggenti i piani dei binari dei treni.

L’effetto prospettico che ne risulta, mi sembra degno di osservazione.

 

SERVIZI VARI

 

Al di là del sottopassaggio Pergolesi, quasi in fondo alle tettoie, si trovano, sui vari marciapiedi destinati ai viaggiatori, delle scale che discendono in una galleria di transito per facilitare il passaggio dei viaggiatori stessi, da un marciapiede ad un altro, evitando così di attraversare i binari. Sempre sotto le tettoie, in testa ai marciapiedi di servizio verso la Galleria di Testa, si trovano dei grandi montacarichi per trasportare i bagagli nella galleria sottostante a quella di Testa, destinata appunto al loro smistamento. Alle estremità delle tettoie, si trovano invece i montacarichi per il servizio della posta, i quali sono in comunicazione con i locali destinati a tale servizio, posti a piano-terra ed al piano sotto il livello stradale e sono in comunicazione a mezzo di un sottopassaggio che attraversa la via Aporti, con un altro edificio situato dal lato opposto della via e riservato al servizio delle poste.

 

IL PALAZZO DELLE POSTE

 

Questo edificio copre un area di circa mq. 7500, ha la pianta rettangolare ed è circondato da quattro vie.

Le due fronti più lunghe, verso via Aporti e via Tenca, misurano m. 1.50, le altre due verso via Pergolesi e via Palestrina, misurano m. 50. Non fu, anche per questo fabbricato facile il trovar la soluzione della pianta, dovendo i tre principali saloni avere delle misure fisse ed essendo necessario che tutti i vari servizi fossero collegati in particolar modo, tanto che vennero studiati diversi progetti per poter rispondere pienamente alle varie esigenze di pianta e nel contempo ottenere una linea esterna soddisfacente, a masse di fabbricato proporzionate.

I tre suddetti saloni principali della pianta del piano terreno di questo edificio formano il centro dei diversi servizi.

Infatti quello situato in fregio a via Palestrina, di circa mq. 1000, accoglie il servizio delle raccomandate ed è in comunicazione con quello di accettazione per il pubblico (che ha un accesso da via Aporti) oltre che col sotterraneo, previo un montacarico e a mezzo del cunicolo sottostante la via Aporti con la Stazione.

Quello prospiciente la via Tenca, di circa mq. 1100, unitamente ai locali contigui, serve per lo smistamento della corrispondenza ordinaria.

Il terzo salone, verso via Pergolesi, è destinato ai portalettere ed ivi si eseguisce tutta la selezione della corrispondenza che deve essere distribuita in città. Nel portico verso via Pergolesi si aprono le porte di uscita per i portalettere, mentre per l’ingresso e controlli, serve il piccolo locale posto ad una estremità di detto portico.

L’accesso al grande cortile per i furgoni postali, provenienti dalla città, è verso via Aporti ed in questa via vi è pure un accesso per il locale destinato ad un casellario americano, per coloro che desiderano ritirare direttamente la corrispondenza in arrivo.

Altri locali di servizio completano il piano terreno. I tre grandi saloni occupano in altezza il piano terreno e il piano ammezzato e la costruzione in corrispondenza a questi ambienti, non si sopraeleva, in modo che si sono potuti aprire dei grandi lucernari per ottenere maggiore areazione e illuminazione.

I piani superiori, così limitati, hanno dato modo di muovere le masse esterne dell’edificio.

Al piano ammezzato vennero allogati i locali dell’economato, ed altri per i portalettere in aggiunta a quelli del piano terreno.

Al primo piano, un altro grande salone è adibito per il servizio delle raccomandate, ove avviene la distribuzione ai portalettere incaricati del recapito nella città.

Nei rimanenti locali del primo piano ed in quelli dei piani superiori, si trovano i vari servizi amministrativi ,gli archivi ed alcuni alloggi.

Nei sotterranei vennero sistemati i magazzini e gli impianti elettrici, termici e sanitari.

Tutti gli ambienti sono illuminati ed areati abbondantemente e da finestre grandissime e da ampi velari.

I vari servizi sono dotati di numerosi impianti meccanici modernissimi, che provvedono al trasporto automatico delle corrispondenze da un reparto all’altro, a mezzo di trasportatori a catena con elementi portanti a scarico automatico e da trasportatori a doppio nastro.

Questi impianti servono pure al trasporto della corrispondenza dalla Stazione al Palazzo delle Poste e viceversa; i montacarichi che dal piano dei binari portano ai sottostanti locali della posta, servono di collegamento tra i suddetti vari impianti ed i treni.

Anche le buche d’impostazione che si trovano nella facciata del Palazzo delle Poste verso via Aporti e tutte le altre che sono situate nei corpo principale della Stazione e sotto le tettoie ed anche l’ufficio postale della Galleria di Testa, sono in continua e diretta comunicazione con il salone di smistamento già menzionato, a mezzo di trasportatori meccanici.

S. E. Ciano, Ministro delle Comunicazioni, per sveltire sempre più questo importante servizio, dotò Milano di un impianto che è uno dei più moderni e perfetti di Europa e volle che in questo edificio fossero riuniti i servizi che erano allogati nella vecchia Stazione e nella Posta Centrale. Il servizio per i pacchi postali, nella nuova Stazione, venne dotato di un impianto modernissimo, a nastri trasportatori, in modo che il funzionamento sarà celerissimo e con risparmio enorme di personale. All’esterno dell’edificio del Palazzo delle Poste, la zoccolatura, le colonne e i portali verso via Aporti, sono in pietra di Nabresina, il rimanente è in pietra artificiale ad imitazione della Nabresina; le parti decorative vennero modellate da Domenico De Grandi.

L’interno è improntato alla più assoluta semplicità.

 

Terminata la descrizione degli ambienti principali e della loro funzione rispetto ai vari servizi, non mi resta che far cenno della parte esterna dell’ edificio.

Il nuovo Piano Regolatore comprende l’allargamento della via Vittor Pisani, la quale si trova sull’asse di stazione ed è la strada più importante che accede alla Piazza Doria, comprende inoltre il proseguimento di detta via, ma ancora più larga, sino alla piazza Fiume, previo la demolizione della vecchia Stazione e che avrà il suo proseguimento nella via Principe Umberto, per poi inoltrarsi sino al cuore della città.

Quando sarà attuato questo Piano Regolatore, allora è certo che oltre al migliorare la visione dell’edificio della Nuova Stazione, a chi percorrerà questo rettifilo, si otterrà un accesso degno dell’importanza della grande Metropoli.

Oggi 1’ edificio sorge in una piazza con la visione delle vecchie case rimaste in seguito alle demolizioni recenti e con le vecchie costruzioni in fregio alla piazza stessa, che, salvo il nuovo Hotel Excelsior hanno un misero aspetto, quindi la Nuova Stazione non è certo ben ambientata, il che non avvantaggia l’impressione che prova chi arriva alla Piazza Doria.

La facciata principale, che nella parte centrale raggiunge m. 35 di altezza alla sommità dell’attico, mentre si limita a m. 25 nelle parti laterali, è stata eseguita quasi tutta in pietra di Nabresina (Trieste), le soprastrutture invece sono state eseguite in pietra artificiale ad imitazione della stessa pietra di Nabresina.

Così pure nelle facciate verso le due vie laterali, la pietra naturale di Nabresina si limita a rivestire il piano terreno ad eccezione del Padiglione Reale, nel quale la pietra naturale arriva sino all’architrave del cornicione di gronda.

Tre grandi pensiline, nei corpi laterali, sono a servizio degli ingressi, dei bagagliai e della Galleria di Testa.

La copertura della Galleria delle Carrozze e dell’Atrio Biglietti, venne eseguita in lastre di rame e spero che coi tempo la coloritura verdognola che prenderà quel metallo, gioverà certamente all’aspetto generale dell’edificio, quando anche la pietra naturale e l’artificiale, avranno pure esse assunto la colorazione che il tempo dà a tutti gli edifici.

 

Come accennato più sopra, nel 1923 venne ripreso il progetto ex-novo e non è certo privo di interesse, prima di terminare questi appunti, far presente che in soli sei anni, è stato svolto l’immane lavoro, con l’assillo continuo di non perdere un ora di tempo, mentre ad ogni momento si presentavano problemi da risolvere più ardui ed ogni volta più nuovi, resi maggiormente complessi dalla continua ricerca di trovare soluzioni dal lato economico più vantaggiose. E’ bello, oggi che il compito è terminato, ritornare con la mente ai momenti di ansia, di trepidazione, quando davanti ai dettagli al vero di qualsiasi sagoma, di qualsiasi parte decorativa, dato le eccezionali proporzioni che esse assumevano, io restavo perplesso, nell’incertezza dell’effetto che quel particolare avrebbe fatto ad altezze così fuori del normale. Pure, non mi erano permesse incertezze e titubanze che potessero ritardare, bisognava procedere con un ritmo costante di operosità, forse non mai sino ad oggi conosciuto, per opera di così grande importanza! E non è pure fuori di luogo ricordare che in tanta mole di lavoro, non è stata demolita una sola cornice, né un pezzo solo di pietra naturale o artificiale è stato tolto d’opera, perché non rispondente all’effetto che mi ero prefisso. Bisognava, ripeto, procedere senza indugi e senza pentimenti!

Ora dunque, se si pensa che sono stati elaborati parecchie migliaia di disegni, in così breve tempo, relativamente all’opera compiuta, che la superficie delle pareti decorate fra le facciate esterne, quelle interne e tutte le pareti dei soli grandi ambienti: Gallerie, Atrio Biglietti, Saloni principali, Scaloni, Atrii di accesso, ecc., raggiunge la cifra di circa mq. 133.000 (una facciata di una casa comune di m. 30 di lunghezza per m. 24 di altezza è soli mq. 720) ammesso pure che vi sono varie ripetizioni, come del resto vi sono ripetizioni anche nelle facciate delle case, si può comprendere che vi possa essere qualche dettaglio non riuscito come io desideravo. Ma è logico che un tecnico, un artista, non debba, in una mole di lavoro come questa, dove vi erano ricorsi di linee da rispettare e che legavano un locale all’altro e tutti vincolati alla parte esterna, non debba, ripeto, soffermarsi sui piccoli dettagli, presi a caso quà e là; è sulla massa che ci si deve soffermare, è la proporzione di questi grandi ambienti che bisogna giudicare e vedere se l’occhio ritrova in tutto questo assieme, quel senso di armonia che appaga e che lascia l’animo sereno.

In ambienti così vasti, ove l’uomo scompare, e dov’era facile che masse cosi enormi dessero il senso di soffocamento, bisognava ottenere invece, sia col colore, sia con l’architettura, sia con le vaste aperture, coi velari, quel senso di grande sì, ma non di pesante, che solo si può provare quando questi elementi sono con arte congiunti.

A questo io ho cercato di arrivare, perché ripeto, sarebbe altrimenti occorso un tempo doppio, per poter perfezionare ogni singolo dettaglio, ogni singola sagoma.

E poi, anche se mi fosse stato possibile tornar sopra ad ogni particolare, il che in pratica oggi non è attuabile, data la vita febbrile nella quale si vive, avrei potuto accontentare completamente prima di tutto me stesso, - ché l’Artista non è mai soddisfatto della propria creazione - e dopo gli altri?

In Arte, il bello è molto relativo e specialmente in Architettura, ove tutto è questione di armonia, e, come nella musica un dato motivo può dare una sensazione ben diversa ai vari ascoltatori, così un dato elemento decorativo-architettonico, può impressionare in modo affatto differente due osservatori.

Quindi, in un’opera di così vasta mole, è già compito immane poter risolvere i maggiori problemi che si riscontrano in un edificio: le masse, le proporzioni, il colore, sia quest’ultimo raggiunto con la policromia, o col solo giuoco di ombre o con i due mezzi fusi assieme.

E certo che, in ogni modo, pur sospinto dalla febbre dell’intenso e continuo lavoro, ho espresso il mio senso d’Arte con la spontaneità massima che sorgeva dal mio spirito, con la fede, alla quale ero tenacemente avvinto, che la sincerità più assoluta dovesse essere la mia sola guida e con l’intento che il forestiero, fermandosi alla prima stazione importante, dopo passate le Alpi, avesse immediatamente l’impressione di essere in Italia.

Ma se grande è stata la mia fatica, altrettanto è stato il lavoro compiuto così lodevolmente dagli Uffici Tecnici Ferroviari, per risolvere nella espressione la più economica, gli ardui e difficili problemi costruttivi.

E mi è caro qui ricordare, oltre al Sovrintendente Generale ai lavori ing. Silvio Durazzo, 1’ing. Filippo Brancucci Capo Sezione ai Lavori, il defunto ing. Emanuele Calma e l’ing. Ettore Lo Cigno, che diressero la parte costruttiva, 1’ing. G. M. Fiacchetti che ha diretto i lavori degli impianti elettrici e l’ing. Alberto Fava quelli delle tettoie in ferro, oltre ai Capi Compartimento ingg. Luigi Maccallini, Carlo Origlia e agli altri Ingegneri degli Uffici Ferroviari, che dettero tutti all’opera la loro solerte attività e il loro entusiasmo, sotto la guida dei Direttori Generali ingg. Cesare Oddone e Luigi Velani e lo spirito animatore e chiaroveggente di S. E. il Ministro Costanzo Ciano, fedele interprete di S. E. il Capo del Governo.

Molte furono le Ditte che dettero l’opera loro e troppo lunga sarebbe la nota per ricordarle, è certo che tutte hanno dovuto compiere sforzi eccezionali, per riuscire, in così breve tempo, a dare compiuto l’edificio, che è un’affermazione della rinnovata potenza dell’Italia Fascista.