Corriere della Sera, 7/5/03

Recuperati i ritardi, i nuovi progetti hanno rimesso in moto Milano

di MICHELE PERINI*

Milano si è rimessa in movimento, incamminandosi su una strada che la porterà lontano. Dopo anni trascorsi a recuperare ritardi antichi in fatto di manutenzione ordinaria, parcheggi e infrastrutture, penso al depuratore o al passante ferroviario, finalmente si è aperta una fase nuova. All'ordine del giorno ci sono opere e progetti che ridisegneranno nei prossimi anni il volto stesso della città. Un'occasione storica e per certi versi entusiasmante. L'elenco è lungo: il polo esterno della Fiera disegnato dall'architetto Massimiliano Fuksas e la riqualificazione dell'attuale quartiere espositivo, con almeno 260.000 metri quadrati che verranno restituiti alla città; la trasformazione di importanti aree ex industriali, come quella progettata da Mario Botta per l'area Falck di Sesto San Giovanni; il recupero dal degrado e dall'insicurezza della Stazione Centrale; il restauro del Palazzo Piermarini, che restituirà ai milanesi una Scala in grado di continuare a primeggiare nel mondo. Bastano solo questi pochi esempi per dimostrare che le trasformazioni saranno profonde. Come è naturale, quando si mette in campo la «politica del fare», i punti di vista sulle soluzioni e sulle idee proposte sono diversi e le discussioni accese. Ma ciò che non è per nulla fisiologico è che nascano polemiche politiche o professionali pretestuose e, soprattutto, paralizzanti.
Questo Milano non se lo merita e non lo può accettare. Infatti il presentare, sempre e comunque, l'innovazione come distruzione o depauperamento del patrimonio culturale della città non appartiene ai valori e alla tradizione dei milanesi e fa un grave torto a una metropoli in cui è sempre stata presente la «cultura del nuovo» nelle idee, nel mondo del lavoro, nella finanza, come nell'editoria, nel design e nella moda.
Il progetto per la Stazione Centrale, presentato l’altra sera in un interessante dibattito a cui ho partecipato su invito dell'Ordine degli architetti milanesi, parla, ad esempio, questo linguaggio e coniuga i necessari interventi innovativi con un programma di conservazione e di valorizzazione di un grande monumento-simbolo della città. A più di settanta anni dalla sua inaugurazione, la stazione, pur mantenendo inalterato il suo valore architettonico, denuncia infatti evidenti segni di invecchiamento.
Con il progetto spariscono le baraccopoli e ciò che rende invisibile l'architettura preesistente, vengono eliminate pasticciate ibridazioni come le scale mobili negli scaloni. I nuovi impianti per le percorrenze interne, dieci ascensori di grande dimensione e 8 marciapiedi mobili e i nuovi servizi che porteranno concreti vantaggi per i viaggiatori e per la città si svilupperanno sostanzialmente ai lati degli atri e delle gallerie di passaggio e, soprattutto, negli spazi inutilizzati presenti al di sotto dei grandi ambienti monumentali.
L'obiettivo raggiunto dall'architetto Marco Tamino mi sembra che sia stato quello di valorizzare una straordinaria testimonianza del passato, realizzando allo stesso tempo un sistema di servizi moderno e sicuro. Un progetto che darà finalmente alla città una stazione «da capitale europea». Come «da capitale europea» i milanesi vogliono avere la Fiera, i teatri, le autostrade, i parchi, i collegamenti con gli aeroporti, lo stadio e così via. Senza diritti di veto corporativi sulla costruzione della «città migliore» che auspicano per sé stessi e per i loro figli.
*presidente di Assolombarda