Italia Oggi

 

De Albertis: con la sentenza del Tar vince la concorrenza

 

24/03/2004

 

Grandi stazioni, il Tar Lazio sancisce il libero mercato ma all`Igi non piace la modernizzazione

 

E` vero. Con la sentenza contro il maxiappalto di Grandi stazioni per il rifacimento dei 13 maggiori scali ferroviari del Paese, il Tar del Lazio ha impresso un`accelerazione al mercato italiano dei lavori pubblici.

Un`accelerazione che avvicina il nostro Paese a un traguardo che tutti dovrebbero condividere: le regole dell`Europa, del libero mercato e della concorrenza. Regole che invece, al di la` delle parole, l`Istituto grandi infrastrutture (Igi) sembra avere interesse a tenere fuori dai confini nazionali.

Bocciando ``l`indebito e incongruo accorpamento di tutti i lavori in un unico lotto`` operato da Grandi stazioni, in quanto ``privo di ogni razionale presupposto sia territoriale che funzionale``, l`organo di giustizia amministrativa ha infatti ribadito la centralita` del principio della tutela della libera concorrenza nel mercato italiano degli appalti. ``Il risultato del restringimento della platea dei concorrenti e` frutto``, dice il Tar, ``di scelte illegittime e premia una certa dimensione aziendale piuttosto che altre, in modo non virtuoso``.

Forse e` la prima volta che nel nostro Paese il valore della libera concorrenza, in quanto capace di migliorare il sistema e di creare un circuito virtuoso, viene affermato con tanta decisione e chiarezza.

Ed e` probabilmente proprio questa la ragione che ha portato l`Igi a reagire con tanta irritazione, come traspare dalla nota che e` stata diffusa nei giorni scorsi sulle pagine di questo giornale, alla decisione del Tar.

Una reazione che probabilmente nasconde il desiderio e forse l`interesse a difendere una concezione del mercato degli appalti assai lontana da quella ``modernizzazione`` di cui, secondo l`Igi, il mercato verrebbe adesso privato.

Si intuisce infatti, e neanche tanto tra le righe, una certa nostalgia dell`Istituto per un mercato aperto solo a pochi operatori di cui il passato del nostro Paese e` ricco di esempi e del quale gli estensori della nota hanno evidentemente un ricordo ancora vivido. Lo stupore manifestato dall`Igi nei confronti della sentenza del Tar, che avrebbe, come riferisce l`articolo pubblicato su Italia Oggi, ``riportato indietro le lancette dei lavori delle opere pubbliche di qualche anno``, sembra dunque esprimere il risentimento per una non accettata vittoria delle logiche e dei meccanismi di mercato contro sistemi di chiusura e di protezionismo economicamente perversi ma evidentemente utili ad alcuni.

Quanto alla figura del general contractor, che, come si legge ancora nell`articolo, verrebbe secondo l`Istituto grandi infrastrutture messa gravemente in discussione dalla sentenza, mi sembra il caso di sottolineare che l`Ance per prima ne ha condiviso e sostenuto la creazione. Ma non il ricorso indiscriminato.

Il general contractor ha infatti senso in ragione della fisiologia di ogni singolo appalto e puo` certamente produrre economicita` ed efficienza quando si tratti di appalti caratterizzati da una complessita` tecnico-organizzaztiva tale da richiedere un`unica logica organizzativa e gestionale.

Caratteristica di cui di fatto non era dotato il maxi-appalto di Grandi stazioni, che prevedeva il restyling di 13 stazioni ferroviarie disseminate su tutto il territorio nazionale e tali da richiedere interventi e logiche operative assolutamente diversi gli uni dagli altri.

In questo caso, il ricorso al general contractor e la messa in gara di un unico maxiappalto avrebbero ridotto a un pugno di soggetti la rosa dei possibili competitori senza che di cio` vi fosse alcuna esigenza, ne` a livello economico ne` a livello tecnico.

Dalle parole dell`Istituto presieduto da Giuseppe Zamberletti mi sembra insomma che emerga una conferma dei timori piu` volte espressi dall`Ance: sono ancora molti gli ostacoli da superare, nel pubblico come nel privato, prima di poter giungere anche nel nostro Paese a una piena affermazione dei principi del libero mercato e della libera concorrenza.

Tuttavia l`Ance continuera` a impegnarsi per impedire che antiche ma mai sconfitte tentazioni, sia di natura corporativa che di tipo centralista, rischino di provocare un pericoloso arretramento verso modelli certo non nuovi, ma assai pericolosi per la competitivita` complessiva del sistema Italia.

 

Claudio De Albertis - presidente Ance

 

 

Edilizia e Territorio

 

No a Grandi stazioni: Ferroni, doppio successo dell’Ance

 

24/03/2004

 

Intervista a Carlo Ferroni Direttore Generale Ance

Niente contrasti al nostro interno - E` arbitrario sommare quei lavori

Per l`Ance quella di fronte al Tar Lazio e` una doppia vittoria. Non solo infatti i giudici amministrativi romani hanno riconosciuto l`illegittimita` dell`accorpamento dei lavori in 13 stazioni, ma come spiega il direttore generale, Carlo Ferroni, «hanno dato alla nostra associazione pieno riconoscimento e legittimazione ad agire a tutela di interessi collettivi». Ferroni si riferisce a uno dei nodi del procedimento: ovvero alla contestazione, mossa da Grandi Stazioni, sulla legittima presenza dell`Ance che sarebbe stata ingiustificata in quanto alcune delle imprese iscritte risultano anche tra i candidati alla gara.

Ma al di la` della vittoria in punta di diritto resta il conflitto di interessi al vostro interno tra le imprese che hanno partecipato e quelle che invece si oppongono agli accorpamenti.

Ovunque viene bandita una gara, anche se e` illegittima, ci sara` sempre qualcuno che partecipa. Noi pero` dobbiamo pensare a tutelare gli interessi di tutti. In ogni caso le nostre imprese, anche se concorrenti, si dolgono della battuta d`arresto ma ne capiscono i motivi. Quindi al nostro interno non c`e` alcun conflitto di interessi.

Grandi Stazioni continua a sostenere che dietro al general contractor ci sono ragioni economiche e tecnologiche, quali ad esempio, la necessita` di garantire uniformita` ai materiali. Perche` questa tesi non vi convince?

Ripeto: si tratta di un accorpamento che non ha senso. I lavori si svolgono in 12 citta` diverse e quindi l`approvvigionamento dei materiali, che avviene il piu` vicino possibile al cantiere, sara` per forza da fonti diverse. Le stesse stazioni hanno problematiche differenti: in una c`e` da costruire un albergo, in un`altra la riqualificazione avviene attraverso la creazione di centri commerciali. Come si puo` ancora sostenere la necessita` del general contractor?

Contestando l`accorpamento non c`e` il rischio di interferire nelle scelte organizzative e imprenditoriali della Spa?

Il problema qui non e` tanto di scelte aziendali ma di vera e propria legittimita`. Il decreto 190, infatti, impone delle condizioni per rendere possibile il ricorso al generai contractor: in primo luogo il valore dell`appalto deve superare i 250 milioni di euro, cifra che Grandi Stazioni riesce a raggiungere solo sommando i lavori nelle varie stazioni, poi e` necessaria una complessita` tecnologica che in questo caso non esiste.

Voi continuerete la vostra battaglia contro gli accorpamenti che ritenete illegittimi. Pero` e` anche vero che i costruttori italiani devono crescere e anche una domanda ``maxi`` puo` aiutarli.

E` un problema di gradualita`. Occorre aumentare i livelli di qualificazione, ma anche dare continuita` agli investimenti. Se un`azienda non e` sicura di poter contare su una certa quantita` di investimenti in tempi altrettanto certi non puo` a sua volta investire risorse nella crescita. Anche le banche devono passare piu` tempo a valorizzare i progetti che le imprese propongono, piuttosto che a stimare le garanzie reali offerte.

 

V.Uv.

 

Edilizia e Territorio